17 Maggio 2024
ARRIVA TRENO CINESE CON POMODORI OTTENUTI DA LAVORO FORZATO

Su stampa, siti e agenzie rimbalza la notizia di un treno carico di prodotti agricoli partito da Urumqi, nella tormentata regione autonoma cinese dello Xinjiang dove si produce il 90% del concentrato di pomodoro cinese destinato all’esportazione. Un carico che sarebbe destinato dopo 10mila chilometri di viaggio tra binari e trasbordi marittimi a raggiungere Salerno, in Italia. Secondo Asianews Il nuovo viaggio della China-Europe Railway Express è partito il 29 aprile scorso dalla Cina, con ampia copertura mediatica da parte degli organi di stampa ufficiali di Pechino, che ne esaltano i benefici per l’economia dello Xinjiang. Oltre a rilanciare le “potenzialità” di quella Belt and Road Initiative – la nuova “via della seta” di Xi Jinping – dai cui accordi pure il governo italiano dello scorso anno sarebbe uscito, annullando il memorandum sottoscritto da Roma e Pechino nel 2019 ma senza chiudere ad altre forme di cooperazione commerciale.

A preoccupare è la questione del rispetto dei diritti umani nello Xinjiang, regione dove gli abusi nei confronti uiguri hanno spesso anche il volto del lavoro forzato utilizzato proprio nell’agricoltura. Ad evidenziarlo è una presa di posizione pubblica lanciata da tre dei gruppi più attivi sulla salvaguardia dei diritti della popolazione musulmana dello Xinjiang: Uyghur Human Rights Project, Uyghur American Association e Safeguard Defenders. Insieme hanno scritto una lettera aperta all’ambasciatrice italiana a Washington, Mariangela Zappia, esprimendo preoccupazione per l’iniziativa e chiedendo un’indagine accurata sull’origine dei prodotti trasportati su quel treno.

“Prove significative – scrivono Uyghur Human Rights Project, Uyghur American Association e Safeguard Defenders, citando rapporti specifici sull’agricoltura nello Xinjiang – rivelano che i trasferimenti di manodopera nella regione uigura avvengono in un contesto di coercizione senza precedenti, con la costante minaccia di rieducazione e internamento. Molti lavoratori indigeni non sono in grado di rifiutare o abbandonare volontariamente il lavoro nel settore agricolo, e quindi i programmi equivalgono al trasferimento forzato di popolazioni, al lavoro forzato, al traffico di esseri umani e alla riduzione in schiavitù”.

“Come membro della comunità internazionale – concludono il loro appello Uyghur Human Rights Project, Uyghur American Association e Safeguard Defenders – l’Italia ha la responsabilità di garantire che le sue pratiche commerciali siano in linea con il suo impegno per i diritti umani e gli standard etici. Permettere che merci prodotte attraverso il lavoro forzato entrino nei suoi confini non solo condona queste gravi violazioni dei diritti umani, ma mina anche la credibilità della posizione dell’Italia sulla promozione e l’applicazione dei diritti umani. Esortiamo il governo italiano ad agire immediatamente per indagare sull’origine delle merci arrivate a Salerno e a mettere in atto misure per prevenire l’importazione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato”.

Una esigenza ancora più urgente dopo che l’accordo raggiunto da Parlamento e Consiglio Ue lo scorso marzo sul regolamento che vieta l’immissione e la messa a disposizione sul mercato dell’Unione alle merci ottenute dal lavoro forzato. Una norma sollecitata dalla Coldiretti che chiede il rispetto per tutte le importazioni del principio di reciprocità, cioè la necessità che “dietro tutti i cibi che arrivano sulle tavole ci sia un percorso di qualità che riguarda la tutela dei minori, oltre che del lavoro, dell’ambiente e della salute.

Lo scorso anno l’Italia ha importato 85 milioni di chili di pomodoro trasformato cinese, proveniente in gran parte proprio dallo Xinjiang nonostante il fatto che gli Stati Uniti nel abbiano vietato l’importazione sul proprio territorio dal gennaio 2021 per evitare di sostenere il lavoro forzato. Anche per questo Coldiretti e Filiera Italia, anche alla luce della nuova normativa recentemente approvata dall’UE sul contrasto al commercio di prodotti ottenuti dallo sfruttamento delle popolazioni, che purtroppo entrerà in vigore solo tra 3 anni, chiedono che sia fatta chiarezza sul carico di tale treno, sulla sua destinazione e siano messe in atto misure per prevenire l’importazione di prodotti ottenuti con il lavoro forzato e la loro utilizzazione in prodotti destinati, magicamente, a diventare made in Italy.

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